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Tempo di “Golden share”

Via libera del Consiglio dei ministri sulla riforma della cosiddetta “golden share”.
Nella nota di Palazzo Chigi si legge: “Il potere di veto dello Stato italiano per tutelare le società che operano in settori strategici potrà essere esercitato dalla presidenza del Consiglio solo nel caso di potenziali acquirenti extra-Ue nei settori dell´energia, trasporti e telecomunicazioni. Mentre per il settore della difesa e della sicurezza nazionale i poteri speciali potranno essere usati anche nei confronti di Paesi europei”.
 
Cos´è
Il termine golden share, spiega il comunicato di palazzo Chigi, “indica comunemente l´istituto giuridico, di origine anglosassone, grazie al quale un governo può esercitare poteri speciali a seguito della privatizzazione o della vendita di parte del capitale di un´impresa pubblica. La normativa, introdotta negli anni Novanta del secolo scorso, in concomitanza con l´avvio dei processi di privatizzazione delle imprese pubbliche, mira a salvaguardare l´interesse della società civile del Paese interessato. Ad oggi, sono numerosi i Paesi europei che si sono dotati dello strumento, la cui compatibilità con il diritto Ue è stata frequentemente vagliata in sede europea”.
 
Più vicini all´Europa
“Con il decreto-legge, approvato oggi, in tema di poteri speciali del governo sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale e in quelli dell´energia, dei trasporti e delle comunicazioni, proposto dal ministro per gli Affari europei, di concerto con i ministri degli Affari esteri, dell´interno, della Difesa, dell´Economia e finanze e dello Sviluppo economico, l´Italia si uniforma alla disciplina giuridica di cui alla normativa dell´Ue, attribuendo all´esecutivo poteri di intervento per tutelare gli interessi legittimi, essenziali e strategici del Paese”. In materia di “golden share” pendono infatti pesanti rilievi dell´Unione europea. In particolare, la Commissione Ue ritiene illegittimo il mantenimento da parte dell´Italia di poteri speciali e quote minoritarie in gruppi ex pubblici, e in particolare Telecom Italia, Eni, Enel e Finmeccanica. Forte anche il rischio di una condanna da parte della Corte europea di Giustizia, che comporterebbero pesanti sanzioni economiche.


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